brevi recensioni - cinema,  ESPOSIZIONI DI REGISTI

Tony Manero (2008), di Pablo Larraìn

Tony Manero

Santiago del Cile, 1978

Raùl Peralta  ha l’ossessione per il personaggio interpretato da John Travolta, Tony Manero.
Trascorre le giornate in una desertica e poverissima Santiago della fine degli anni ’70, dove la polizia vaga lungo le strade e , quando vuole, massacra i dissidenti di Pinochet.
In uno sgangherato locale che vuole essere una mezza via tra ristorante e discoteca, Raùl organizza piccoli gruppi di danza, studia i passi che i compagni devono fare, ricostruisce il palco di legno disfatto con mattoni di vetro.
Per portare a termine il suo progetto, è disposto sistematicamente a tutto, gareggiando per una televisione locale insieme ad altri aspiranti Tony Manero.

Tony Manero è un film crudo, pallido, che disturba.
Pablo Larraìn vuole colpire allo stomaco, il suo e quello dello spettatore.
Lo fa girando un film dalla trama solo apparentemente scialba, sulla quale ruota tutto un mondo cileno di povertà e deserto.
A tratti il film pesa come un mattone di vetro; vitreo è Alfredo Castro nella sua potente interpretazione.
Come il Cile di Pinochet, quello fascista che elimina in modo sistematico tutte le parti –  sociali e politiche – di sinistra, Raùl è un cuore vuoto, un corpo senza coscienza, un uomo che si trasforma in assassino per motivi infinitamente futili ma troppo importanti per lui.
L’essere come Tony Manero è il percorso di vita di Raùl.
Essere Tony Manero è il suo unico obiettivo, il punto di vista unico, il motivo per cui la vita deve essere vissuta.
All’interno di questa scarsità di profondità umana, vivono i personaggi di Pablo Larraìn.

Quello che prova Raùl è illusione, vive per l’illusione, segue l’illusione.
Tutto il paese di Pinochet, per Larraìn, è immerso nell’illusione.
Raùl possiede un’illusione che la sfrutta come veicolo, con il quale appunto evade dall’enorme fetore di un paese fintamente ricco, spirituale, tranquillo.
Essere Tony Manero per tornare a essere niente, sempre un’illusione che magari sboccia fuori dallo schermo e che resta, inesorabile, un’illusione.
Allo stesso tempo e modo, la mancanza di coscienza che segna l’orrore della mancanza di ideali.
Essere disposti a tutto, non avere barriere di giudizio e sociali, è in realtà il vuoto in cui si muove Raùl Tony Manero.
Il dito di Larraìn indica contemporaneamente lo stesso vuoto d’illusione generato da Pinochet, che dietro idee neoliberiste massacra i dissidenti del suo governo, notte o giorno che sia.

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