brevi recensioni - cinema

Sicilian ghost story (2017), di F.Grassadonia e A.Piazza

Sicilian ghost story

Sicilian ghost story, basato sulla sparizione e omicidio di Giuseppe di Matteo.
Sicilian ghost story, opera seconda dei due registi dopo Salvo, è un film veramente impressionante.
Ci si trova davanti a una favola gotica marcata da un romanticismo adolescenziale e allo stesso tempo a un racconto di un realismo duro e crudo.
E’ un film esplosivo nel suo riprendere il sogno di adolescenti che restano sconvolti dal sequestro di un loro amico, ad opera della mafia siciliana.
Un film magico nel far convivere realismo a lunghi spunti onirici.
Un film complesso, stratificato, destabilizzante.
Un film sconvolgente, nei tratti anche da thriller, con la presenza di bestie notturne guardinghe – qui l’uso della soggettiva – , disegni che ripropongono boschi vorticosi visti con gli occhi di una adolescente, Luna.

Luna è la protagonista di Sicilian ghost story, una adolescente che ha cattivi rapporti con la madre e un tenero legame con il padre.
Innamoratissima di Giuseppe, un ragazzo che ama la natura, i boschi, i cavalli e il pallone.
Quando lui scompare, per luna ha inizio il vortice di eventi, materiali e spirituali, travolgenti.
L’unica presa che lei ha per restare insieme al suo principe è quella del sogno.
Finchè, progressivamente, il sogno la divora.
Luna che sprofonda nella tragedia dei delitti mafiosi.
La realtà da affrontare è talmente densa di dolore che è meglio annegare.

Sicilian ghost story, una storia in cui sono tracciati due traumi.
Il trauma di Giuseppe, ragazzo bello e intelligente, il suo sequestro da parte del clan dei Corleonesi, la prigionia, il deperimento programmatico della sua salute.
Lo tiene in vita una lettera che Luna gli manda dove lo incoraggia a sognare per sopravvivere, esattamente come fa lei nei giorni che trascorrono tristi e dolorosi.
Il trauma di Luna, stratificato nel dolore per l’amore di Giuseppe scomparso.
Si dirama in fasi d’amore – un’amore che non finirà mai – ;di ribellione verso la società e la famiglia – Luna che si tinge i capelli di blu e distribuisce volantini del sequestro di Giuseppe lungo le strade della città, travolta dall’omertà e indifferenza – ; di sogni destinati a essere l’unico appoggio per non vacillare e di incubi; e forse, in ultimo, di rinascita, una rinascita triste e sfregiata – come probabilmente ci suggerisce il finale del film.
Il “terzo” trauma è un trauma-fantasma, quello che dovrebbe essere un trauma collettivo, la spinta verso l’uscita dall’indifferenza di un paese.
E’ un trauma che, in pratica, non s’innesca.
Oltre il dolore profondissimo della famiglia di Giuseppe – un dolore che li spinge oltre la vita – il mondo adulto, o meglio degli adulti, accetta l’omertà, il silenzio come istinto di sopravvivenza complementare.

E poi c’è l’acqua, quell’elemento che in Sicilian ghost story è un doppio regno profondo che porta Luna a ritrovare Giuseppe. Un’apnea d’amore e di riconciliazione.
Ma anche una mancanza costretta del respiro, una vicinanza alla morte, una preparazione alla morte, un corridoio per scoprirla.

Fortissima la componente poetica, tracciata da inquadrature e immagini sempre più surreali e impalpabili.
Sicilian ghost story è un film che narra molte cose pur facendo perno su una storia d’amore e una vicenda realistica di delitti mafiosi.
La potenza tecnica dei due registi, il loro formidabile talento nel far confluire, con il procedere della narrazione, due destini di due ragazzi legati dal sogno e dai sentimenti ma che la vita li ha irrimediabilmente allontanati.
Inquadrature sbilenche dei boschi che diventano luoghi fantastici e inquietanti, realismo e crudezza di messa in scena per la parte delle azioni della mafia, l’acqua come mezzo onirico.
Piani sequenza, montaggio lento, primi piani, luce magistrale.
Una musica solenne tra cui spiccano le canzoni di Soap&Skin, tra cui la bellissima “Italy” – un incrocio continuo in cui si possono sentire echi dei primi Suicide, Brian Eno, Brian Ferry.
Film da vedere in modo assoluto e ringraziare con tutto il cuore possibile i registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, folgoranti nelle scelte, nel talento, nella sensibilità di racconto, nella loro sensibilità verso la vita.

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