brevi recensioni - cinema

Paranoid Park (2007), di Gus Van Sant

Paranoid Park e "Un equilibrio su un Mondo indeterminato"

Molto Consigliato
3.5/5

Spaccato di vita quotidiana del giovane Alex, appassionato di skateboard e del Paranoid Park, un luogo “occupato” da giovani skaters che ne hanno fatto la loro casa, il loto ritrovo, il loro centro per decidere cosa fare della giornata.

L’avvenimento centrale avviene nella notte, con la morte accidentale di un poliziotto mentre Alex salta giù da un treno in movimento e lo allontana, spingendolo con la tavola dello skate fino a che viene travolto dal treno in avvicinamento dalla parte opposta.

Con una narrazione “spezzettata” resa con flshback e le tinte di un giallo metropolitano, il film punta sui temi della solitudine giovanile, i tentativi di razionalizzare il mondo, quell’enorme chiasso che le voci intorno a Alex creano nella sua testa.
Gus Van Sant potrebbe dedicare due strati di tematiche: i temi del soprasuolo che sono quelli prima elencati.
E i temi del sottosuolo che sono proprio dell’intimo nascosto di Alex.

Fino dove arriva la propria responsabilità dei gesti compiuti?
Il mondo che cos’è?
Probabilmente, Paranoid Park risponde ad alcune di queste domande mentre ne lascia incomplete altre.
Il mondo è probabilmente un’entità a sé stante e potenzialmente può portare alla rovina.
E’ una vetrina che attira nel profondo dell’individuo e dal profondo ne modifica il profondo.

Alex vive un confronto irrisolto tra il suo mondo interiore e il mondo esterno, fatto di passaggi per un’età adulta che il protagonista non conosce affatto e non la cerca.
No cerca sesso e non cerca nemmeno la responsabilità di costruire rapporti con altri.
Su questo frangente, Gus Van Sant “avvicina” gli adulti ad Alex ma al contempo essi sono sfocati o presi in lontananza; è così che gli occhi del giovane skater descrivono e percepiscono il mondo adulto per cui anche quello famigliare.
La morte non sconvolge Alex.
Ne risente in quanto avvenimento casuale, obiettivo, freddo dell’esistenza.
La fugge spaventato ma solo in quanto un preciso – uno dei tanti – accadimenti della vita.

A Paranoid Park ci sono i reietti, emarginati, portatori di conflitti verso la realtà ma senza accendere la miccia della guerra.
Per descrivere questo microcosmo Il regista si avvale del movimento di skaters nato negli anni ’80 dalle costole del Punk e della frangia ancora più estrema del Punk-Hardcore statunitense.
Il trick tentato ogni volta sulla tavola a quattro ruote nel Paranoid Park è un gesto di ribellione e sfida verso se stessi ma anche verso il mondo esterno.
Con l’obiettivo di determinare il tempo in cui si resta in equilibrio sulla tavola, quell’equilibrio a volte sbilenco a volte preciso ma sempre veloce è la realtà viva degli skaters, è la realtà viva di Alex.
Il gesto di conflitto verso un mondo sconosciuto che tenta di gettare a terra lo skater dopo un trick di 180°.

Gus Vant Sant non descrive lo sport e le brave attitudini.
Vuole vedere quanto il rischio personale duri nel tempo.
Quanto l’equilibrio sulle dune di cemento della città resti intatto e sconfigga le paure e spaventi dell’individuo, lanciato come uno sbuffo nel mondo.

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