Voto 8
Quando usciva Existenz di David “padre” Cronenberg la bio-porta era già uno strumento proiettato nel futuro.
Quando usciva Crash di David “padre” Cronenberg era già un film del terzo millennio.
In parole semplici,il pericolo di guardare un film del figlio di David Cronenberg è enorme e dietro l’angolo. Un po’ come guardare una partita di calcio del figlio di Johann Cruyff: un nome sulle spalle pesante, eterno.

Il tema centrale di Possessor è chi possiede chi.
Una nuova tecnologia raffinata e terribile permette di “inserirsi” nella mente – e nel corpo – di altri compiendo gesti violenti estremi.
Tuttavia, chi possiede è anche, in un attimo prima, posseduto?
In un vortice di scambi prima di personalità poi di gesti d’esistenza?
Brandon Cronenberg non perde tempo in concettualismi e mostra tutto quello che c’è da mostrare in questi scambi psichici.
La mente diviene corpo, la mente-corpo diviene oggetto posseduto.
Chi possiede chi, il gesto e l’effetto è quello che conta e non il perchè di fondo, la causa.
La mente è già azione, per Brandon Cronenberg.
E il corpo è già mezzo posseduto a sua volta dalla mente. Poi tutto diviene corpo.
Brandon Cronenberg pare “possedere” la via di suo padre ma riesce a parlare con una voce tutta sua.
Parte da Existenz e va oltre Existenz.
Abbraccia Crash e tenta di andare oltre anche ad esso.
Divora gli occhi dello spettatore mettendo in scena una violenza inaudita, spettacolare, cruda.
Ma non crudele.
Gli effetti gore sono perfetti, un suo modo di narrare le cose e anche il veicolo per andare oltre l’estetica di suo padre.
E andare oltre, anche, a Refn nell’uso della violenza esplicita ed esplosiva; nell’uso della luce, prevalentemente vivida.
Nelle “transizioni” che compie la protagonista da una mente-corpo all’altra, B. Cronenberg utilizza uno spazio visivo quasi sperimentale, composizioni di immagini vorticose, fuori fuoco, sovrapposizioni visive e uditive.
B. Cronenberg mette in scena dei link psichici, collegamenti web tra esistenze diverse.
Le musiche di Jim Williams calibrate per una narrazione di un film potente, paziente, dal ritmo sottilissimo e in miniatura che cattura letteralmente lo spettatore.
Allucinante, senza nessuna goccia di acido lisergico.