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I Racconti dell’orso (2015) di S.Sestieri e O. Amato

I Racconti dell’orso parla allo spettatore attraverso le immagini di una fiaba.
Non selettivo, sentenzioso, bensì aperto a diverse interpretazioni, il film è carico di incanto e sogni pacifici.
Lascia la libertà del sorriso a chi vuole avventurarsi nei suoi significati.
Film anche sperimentale, dalla trama sottile e allo stesso tempo accurata, che si lega alle anime umili umane.

Un esserino rosso e un robot vestito di tunica da monaco vagano per pianure a valli disabitate, boschi verdi.
Incontrano un piccolo villaggio abitato da figure fatte di bastoni di legno, vestite di abiti modesti e pagliuzze al posto dei capelli, in un non troppo lontano richiamo alle sembianze umane.
I due fanno preghiere al Sole, esprimono bisogni e desideri.
Poi ritrovano un orsacchiotto di pezza e se ne prendono cura, trascorrendo il tempo tra valli ventose e nebbiose dove un pallido Sole – o Luna – emerge piccolo, in lontananza.

Samuele Sestieri e Olmo Amato danno vita a un film di sottilissima poesia.
Una dolce innocenza emerge dal vagare irresistibile dell’omino rosso e del robot monaco.
Un film innocente, puro, dalla bellissima fotografia e riprese in movimento a intercettare i due personaggi e profondità di campo per far respirare una narrazione già surreale e magica.
Un uso anche della soggettiva, gli occhi che possono essere di entrambe le figure ma anche di una terza, esterna e sognatrice.
All’origine, infatti, può esserci il sonno di una bambina, generatore di sogni.
Assistiamo, infatti, ad alcune riprese di una bimba bionda che dorme nel sedile posteriore di un’auto, alla guida probabilmente il padre.
E’ bello e fantastico credere che dal suo sonno prenda vita un piccolo cosmo, proveniente dalla porzione dolce e silenziosa della sua intimità sognatrice.

I Racconti dell’orso è un’esperienza magica e umile, sorretta da interventi surreali dove si mischiano versi di animali, voci femminili, suoni incorporei di sintetizzatori, portatori di una serena ninna-nanna.
Il sogno “continua” anche al risveglio della bambina.
L’omino rosso e il monaco robot brindano graziosi alla finestra di una casetta nel bosco, altro elemento – il bosco – che si rende “contenitore” di vite e sogni senza nome, un piccolo mondo anonimo senza angoscia.
Brindano, infine, per festeggiare il sogno della bambina che ha dato loro vita e scelta di azioni.
Brindano, forse, all’infinito dei sogni, alla fortuna che esistano, alla gioia di viverli e, anche , farne parte.

Da vedere, anche perchè nessuno si prende troppo sul serio.
Prova poetica messa a segno, quindi, dai due autori.

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