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Doll Syndrome (2014), di Domiziano Cristopharo

Doll Syndrome

Lui è probabilmente un ex militare – le immagini d’inizio di Doll Syndrome mostrano atti di tortura da parte di militari verso le loro vittime.
Si aggira nella sua micidiale routine, composta da occhi sbarrati, vuoti, da sevizie corporali, gesti malsani come il mangiare cibo a modo di rituale, l’autoerotismo guardando il vuoto all’esterno della finestra.
Si aggira per lavanderie e bagni pubblici, con una zaino che non mette mai in spalla.
Poco a poco capiamo che l’inutilità dei suoi gesti è un inferno non detto, quasi nemmeno mostrato, di un essere estraneo a sé stesso.
La routine ricomincia inesorabile ogni mattina, appena sveglio.
Poi, riesce a catturarebnel vuoto della sua visione del mondo una ragazza.
Da questo “incontro” – lui la osserva, le guarda le labbra, la vede mentre parla con un’amica al bar o legge Pirandello – riappare l’inferno, ancora più forte.
Tutti gli istinti sessuali sono trasferiti su una bambola gonfiabile per giochi erotici, che geme insieme all’uomo.
Quando la ragazza si incontra con quello che deve essere il suo fidanzato, una persona poco di buono – solo in questa fase appaiono i sottotitoli per descrivere cosa dicono i due giovani – l’nferno si triplicherà, toccando anche il fidanzato, fino al colpo finale.

Domiziano Cristopharo gira la sua opera seconda –  la prima è Red Krokodil – e probabilmente ha un obiettivo preciso: fare film “che non piacciono”, nel senso proprio “non per tutti” e farlo spingendo l’acceleratore.
Doll Syndrome è un inferno torture porn con i colori di tutti i giorni, quelli che vediamo.
In mezzo a questi giorni e a i suoi colori delle stagioni, Cristopharo riprende con occhio pulito una persona massacrata nella mente, mostra il suo completo autoerotismo, si infligge dolori, il cibo gli provoca vomito.
Non esiste una realtà franca per quest’uomo, la liberazione sta nel far godere la bambola gonfiabile.
E goderne a propria volta.
La malattia del film è sottolineata dalla completa mancanza di dialoghi e a tratti piccoli pare di essere di fronte a un video clip.
I pochissimi mezzi a disposizione e il budget pari a zero costringono Cristopharo ad arpire gli occhi e farsi bastare il vuoto – quello vero – che ha attorno.
Lo riempie con i gesti grottesche e massacranti del protagonista i quali sono mostrati tutti, fino al livello di disturbo ormai superato.

Il protagonista di Doll Syndrome è spinto da pulsioni sessuali che mai lo abbandoneranno.
Cristopharo riprende ogni cosa e non conosce limite, vuole mettere in immagine una mente che è massacrata e senza ritorno.
Masturbazioni mostrate per intero, sadismo di ogni genere.
Doll Syndrome sguazza nella merda dell’inferno.
Si certo, Sartre diceva “L’inferno sono gli altri”.
Quello che Cristopharo vuole mostrarci non è cosa è l’inferno. Forse vuole mostrare come si stabilizza, una volta dentro di noi.
Grande note di merito per Doll Syndrome, un finale sconcertante e fantastico.

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