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My Buddha is punk (2015), di Andreas Hartmann

Myanmar (Birmania)

Kyaw Kyaw dice all’amico punk ubriaco :” Anche quando lavoro penso al punk, anche se ho solo cinque minuti per pensarci. Fare qualcosa non di punk ma per il punk”.
Ancora :” Tu fai qualcosa per il punk alla fine della tua giornata, oltre a bere tutto il giorno?
Così ti resta solo lo stile. Non vivi più per il punk attraverso le tue azioni

My buddha is punk racconta la vita del “Common Street”, un collettivo di giovani ragazzi birmani, legati al punk e alla spinta di promuoverne la cultura.
Vivono insieme in un appartamento povero con qualche materasso, un computer portatile, tinte per capelli, borchie.
Fanno riunioni dove si confrontano sulla filosofia punk ma anche sulle azioni materiali da compiere.
Per questo, si attivano in varie iniziative – ognuno con le proprie capacità -, scrivono una rivista punk con fumetti e riflessioni sulla attualità politica del Myanmar, producono abiti pieni di borchie e scritte contro la deriva neonazista, si muovono insieme su mezzi pubblici scassati.
Kyaw Kyaw ha fondato anche un gruppo musicale, i “Rebel riot”, vero polmone colmo di ossigeno per far traspirare la sua protesta contro la guerra, la guerra di religione, la povertà della Birmania nonostante i piccoli cambiamenti politici ispirati dalla figura di Aung San Suu Kyi, promotrice delle colonne della democrazia e premio Nobel per la pace.
Chitarre distorte e mal accordate, una batteria costruita con pezzi di plastica di fortuna, formano le canzoni della band, brevissime e con parole lanciate attraverso grida che non hanno bisogno della rettifica melodica musicale.
Tutto in pieno, rigorosissimo stile punk, come le creste da combattimento sulle loro teste.

Andreas Hartmann filma My Buddha is punk, un film-documentario intrigante e ben fatto.
I ragazzi punk birmani non sentono la presenza della telecamera e proprio da qui si nota il loro originale attaccamento all’ideologia punk, nessuno “si mette in mostra”, nessuno ha bisogno di diventare protagonista.
La loro vita punk è la cosa più preziosa, li spinge ad essere loro stessi in ogni momento.
Un lavoro davvero bello e interessante, soprattutto nell’alternare momenti di “comunità giovanile” a momenti di “intensità religiosa” espresse con splendide immagini dei momenti di visita della Pagoda, dove ciascun componente del collettivo è vero e proprio fedele.

Pare esserci una discrepanza tra la cultura punk promossa dai ragazzi birmani e la loro devozione per la religione buddista – in Myanmar si segue prevalentemente il Buddhismo Theravāda che rappresenta il filone più antico del Buddhismo.
Il punk promosso dai Common Street è una visione della vita positiva e propositiva, legata a piccoli gesti materiali che compongono la loro quotidianità.
Appaiono quindi in lontananza quelle dottrine indicate dal Buddha sulla “realtà percettiva”, composta da quegli aggregati fisici e mentali che producono sofferenza.
Tuttavia, l’esperienza punk e quella buddista hanno un punto d’incontro, si fondono in quanto esperienze esistenziali, di risveglio spirituale.
In My Buddha is punk uno dei riti più interessanti da osservare è quello che consiste nel versare l’acqua sul Buddha e sull’animale che rappresenta il giorno della nascita del credente.
Kyaw Kyaw sa che esiste un sottile legame tra punk e buddismo.
Non nega la religione ma si scontra con le sue regole che finiscono per inabissarsi in guerre religiose.
Prega il Buddha come gesto autentico della salvezza della sua anima.
E il punk ha come cardine l’importanza fondamentale delll’anima dell’individuo.

Tuttavia, i colori meravigliosi dei luoghi di culto del Myanmar si scontrato con l’estrema povertà del paese, le strade disfatte e fangose, gli atti violenti della polizia lungo le strade.
Parlando della situazione di atti di violenza e di persecuzione verso la comunità musulmana dei Rohingya, un amico punk spiega “Il buddismo sta diventando vulnerabile, soprattutto con il crescere della cultura musulmana”.
“Non devi allontanare i musulmani, nutrire rabbia nei loro confronti, per difendere il tuo buddismo.
Sei tu che devi cambiare il tuo cuore” risponde Kyaw Kyaw.

My Buddha is punk è un bellissimo documentario, da vedere – è disponibile la visione anche su Amazon Video – per farsi un’idea alternativa della vita giovanile – e non solo – della Birmania attuale, dove nascono diamanti grezzi anche nella più profonda povertà civile, sociale ed economica.
Le proposte di solidarietà, pacifismo, l’assoluta battaglia contro l’uso delle droghe, annunciate dal collettivo Common Street sono genuine e mai volgari, “sentite” e argomentate in modo semplice ed efficace dai suoi componenti.
Da questo punto di partenza, ci si può affezionare alla volontà umana dei protagonisti.
My Buddha is punk riesce, in una spinta di realismo senza tecnicismi e vanità, anche a commuovere più volte lo spettatore, magari sottratto per un attimo dal presente per rivivere uno dei movimenti di protesta e filosofia della vita giovanile più importanti nati nel Novecento.

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