Il sale della terra
Racconto di rara bellezza e raffinatezza, curiosità e cura,
intelligenza ed empatia, sulla vita e l’opera
del fotografo brasiliano Sebastao Salgado.
L’invito a guardare le sue opere è caldissimo e vivissimo.
Wenders riprende e ripropone tutta l’opera di Salgado, facendo emergere con maggiore intensità la “sete” di conoscenza e di vita del fotografo.
Un personaggio semplice che sembra nascere con le radici ben solide nella terra del mondo.
Salgado è un albero, contemporaneamente un uomo che vuole muoversi e vedere il mondo in ogni suo angolo, scoprendo le ramificazioni dell’essere umano – e al contempo, le sue – attraverso la “scrittura con la luce”.
Salgado si dedica alla fotografia che ritrae la natura. E comincia dalle terre del Galàpagos. "Voglio vedere quello che Darwin ha visto". Per Salgado questa foto è un vero e autentico legame tra animali della terra e uomo. "La zampa dell'iguana mi ricorda una mano di un cavaliere medioevale, vestito della sua armatura di ferro"
Il sale della terra è un documentario che srotola l’esistenza dell’uomo Salgado che matura – man mano che scopre il mondo, i suoi popoli, la sua fauna e flora – in esperienza e profondità intellettuale e spirituale.
L’amore per la fotografia – meglio, tutto quel substrato di cose e voci che sta immediatamente dietro la fotografia – lo spinge a scoprire veri e propri inferni sulla Terra – tra i più impressionanti, i massacri in Congo, Ruanda, tutta l’opera “africana”; la guerra in Jugoslavia; la guerra del Golfo e i suoi pozzi di petrolio dati alle fiamme su ordine di Saddam Hussein –
La potenza del vedere e vivere in modo ravvicinato questi gironi infernali fanno nascere un forte sconvolgimento emotivo e spirituale in Salgado, decidendo quindi di “ripartire” con la fotografia della Natura, nelle sue espressioni vegetali e animali, approdando così alle sue ultime opere.
Il sale della terra è una espressione usata da Salgado per descrivere la vita che si svolgeva nella Sierra Pelada del Brasile, grandissima zona mineraria dove lavoravano migliaia di persone venute da tutto il mondo – dai nativi brasiliani agli studenti ed intellettuali europei.
Il sale, bene preziosissimo dalla difficile lavorazione, rappresenta quegli uomini che abitano la Terra, sia nella loro veste di brutali mattatori sia nelle loro caratteristiche più amicali e genuine.
E quelle “altre” forme di vita, che Salgado non manca di descrivere come veri esseri viventi amici dell’uomo – un esempio commovente è quando spiega come sia diventato amico di una balena in un suo viaggio da reporter nei mari del nord della Siberia; di quando parla di uno scatto a una tartaruga, definendola una “autorità” –
Sebastiao Salgado
(clicca per link)
Wim Wenders filma il sale della terra in completa sordina, organizza le immagini in esposizioni delle opere, sempre in bianco e nero, del fotografo.
Passa al colore poche volte, per sottolineare di essere in un momento del presente – il racconto in sottofondo con voce off di Sebastiao Salgado e le sue esperienze sono trattati in banco e nero.
E reca al personaggio e amico fotografo un alone magico, di sapienza profonda, un pastore di se stesso che compie un ciclo di esistenza naturale e bellissimo.
Come nel finale, dove Salgado racconta di quando ha deciso di rientrare in Brasile e, su idea della moglie, ripiantare la fazenda del padre ormai decaduta per la siccità.
Nasce il progetto “Instituto Terra” che sarà a capo della riforestazione del Brasile.