Bob il giocatore
Titolo originale “Bob le flambeur”
Bob detto il giocatore, fuori dal giro della mala da tempo, non è un giocatore d’azzardo qualsiasi.
Non è nemmeno un giocatore professionista, il quale riduce il gioco a semplice calcolo economico e fonte finanziaria, riducendo la sua vita a linea retta come accade per altri diversi impieghi lavorativi.
Bob è un giocatore che abbraccia l’azzardo in tutte le sue sfumature e tutti i suoi sfoghi.
Dietro la faccia – e facciata – da dandy, vive un personaggio che possiede nobili principi e rispetta la vita altrui. I personaggi di Melville sanno in cuor loro che la vita li condurrà verso un destino che non si può modificare. Vagano quindi per locali notturni e strade poco illuminate, sedie vuote da occupare per una mano azzardata. Un vagare disilluso in una libertà sognata, spingendoli fino all’alba a credere invano di essere padroni degli eventi.
Al tavolo da gioco, Bob non fa battute di spirito né sorride agli avversari.
Solo di fronte alla scommessa con la fortuna, degli avversari ne rispetta la complicità di afflizione – o affezione –
Il gioco d’azzardo è una perdizione consapevole, una voglia cosciente di non guardare la luce calda del sole e di una conquista della notte bianca, grigia di pioggia.
Bob segue le logiche sghembe dell’azzardo.
Le tappe ostinate di una vincita o di una perdita, di uno stupore o di uno sconforto, di una fortuna e o una sfortuna, steso al tappeto per KO o svolazzante di denaro nelle tasche.
Il colpo della vita al Casinò di Deauville è l’altare sul quale forse sacrificare se stessi ma anche il sostegno dove presentare la propria fedeltà ai compagni giocatori-malavitosi, la propria esperienza della vita che, alla fine, sarà propria quella a sconfiggerlo o, da vero flambeur, rimetterlo al verde.
Bob il giocatore è il primo film noir di J.P.Melville.
La maestria di Melville nella messa in scena, tra cui la direzione degli attori, ottimi nelle loro interpretazioni – grande la prova di Roger Duchesne nei panni di Robert Montagnè, in arte Bob il giocatore, dallo sguardo malinconico e al contempo duro e rigido, consapevole di quella vena aleatoria, casuale della sua esistenza – il fare economia della luce – il bianco è brillante negli interni mentre il grigio ha la meglio nelle scene all’aperto, soprattutto quelle poche ambientate durante il giorno – produce un noir personalissimo, un classico del genere, che ha già al suo interno tutta la poetica del regista.
Il montaggio è così ben riuscito da creare una vera suspense che cresce in modo lineare, attraversando una ipotetica divisione in tre atti del film: presentazione dei personaggi e le loro prime azioni e interazioni, la preparazione del colpo al Casinò, lo svolgimento-esito del colpo.
Splendida l’idea di creare una “summa descrittiva” del personaggio di Bob proprio nell’ultima parte del film (con voce fuori campo iniziale, nella ripresa del Casinò)
Il colpo, infatti, prevedeva che fosse proprio Bob a essere dentro al Casinò, per controllare le guardie e i sistemi di sicurezza, mentre gli altri del gruppo sarebbero intervenuti successivamente.
In questo frangente, fuoriesce la “vita di Bob”, si rimette a giocare ai tavoli nonostante avesse dichiarato di non farlo.
Ma non è un venir meno alla propria parola e ai suoi compagni.
E’ proprio quel destino beffardo che solletica la vita a muovere Bob verso quella direzione.
Una sfida continua alla fortuna, a se stessi, a quel destino inesorabile già scritto.
Una sinfonia sofferta che schiude, infine, la solitudine del giocatore.
Il gioco d’azzardo diventa una sinfonia della vita.
La notte, un’arena all’aperto dove viene eseguita.
Gli amici, le donne, le stanze funose, i dadi, i tris di re si traducono in orchestra.