brevi recensioni - cinema

Intimacy (2001), di Patrice Chereau

Consigliato
3/5

Intimacy e “I corpi clandestini

Londra.
Un pomeriggio, Jay ha una visita in casa.
Per la prima volta si presenta alla sua porta Claire.
I due cominciano da subito, senza conoscersi e senza parole, ad avere incontri sessuali tutti i mercoledì dalle due alle quattro.
In breve tempo, Jay sente la necessità di approfondire la conoscenza della donna iniziando a pedinarla fino a ritrovarsi in un locale dove, in una saletta nascosta, avvengono spettacoli teatrali amatoriali.
Alle esibizioni partecipa la stessa Claire.

La clandestinità del loro rapporto si mescola tra recitazioni fallite, silenzi, amplessi impronunciabili.

Clandestino
dal latino
che sta nascosto di giorno

Intimacy è tratto da due opere di Hanif Kureishi: il racconto Lampada da notte ed il romanzo breve Nell’intimità.

Patrice Chéreau crea un film dramma cupo.
I due protagonisti vivono una storia d’amore fisico, rischioso, incerto.
Jay (
Mark Rylance) è scappato da moglie e figli.
Lui dice di essersi ritrovato da un giorno all’altro a chiudere la porta di casa e non tornarci più.
Ha giocato una scelta.
Ma resta nel dubbio delle conseguenze da essa portate.
Claire (Kerry Fox) è
 sposata.
Vuole che la vicinanza a Jay non si traduca in richieste di programmi e costruzioni di percorsi per il futuro.
Tenta anche lei di non annegare in un vortice sentimentale. Tutto deve solamente  avere i fini e limiti corporei.
Può esistere solo un percorso spezzettato, non corroso dalla razionalità che può vegliare sui sentimenti, il più possibile fugace e senza parole che diano spiegazioni.

 

L’agire e non agire, l’essere nascosto e non essere nascosto, creare sentimenti e non creare sentimenti confluiscono in un aleatorio senso di colpa.
Il senso di colpa per l’aver agito o per non aver agito fa da termoregolatore delle azioni dei due protagonisti.
La reazione di fronte all’aver/non aver agito spalanca le porte all’angoscia, quella struttura che Kierkegaard riteneva fondamentale, generata nel processo del aut-aut.

 

Il pallore sudato generato da questa situazione angosciosa viene catturato e disperso dal rapporto sessuale.
Il sesso in questo caso riflette le esatte azioni di Jay e Claire.
Il sesso ha il potere di ammutolire la realtà e di spalancare le porte alla rappresentazione.

 

Intimacy è la storia sulla volontà di non creare rapporti stretti e, poi,  profondi.
Si resta sulla “scorza” del tempo dell’esistenza, si resta al livello dell’affanno dei corpi, della clandestinità dei corpi e dell’ irruenza dei corpi.

Il sesso ha il potere di ammutolire la realtà e di sostituirsi alle scelte necessarie che nascono quando si sta fianco a fianco nell’esperienza d’amore.
(Ancora) un tema sulla “fedeltàdell’attore.
Le sue mani, le sue labbra, le sue gambe, i suoi occhi corrispondono al “vero” nella misura in cui li si guardano come forme geometriche tridimensionali.
L’attore non prende a cuore le cose del mondo bensì la loro rappresentazione.

Le scene di sesso sono girate da Chereau in modo crudo, realistico, con una franchezza hard.
Si assiste anche a una scena di sesso orale non simulato da parte di Kerry Fox.

– si può anche dire che la “vicinanza” a Ultimo tango a Parigi è a tratti molto marcata, nonostante Patrice Chéreau lo abbia sempre negato.

Intimacy può essere visto come un film diviso in tre parti.
Una prima parte, quella basata sul rapporto sessuale.
Come fugace è l’intimità tra i due personaggi così si compie un destino del linguaggio, una distribuzione di razionalità ed emotività, quello del divenire muto o impersonale, assurdo, come le richieste dei clienti del bar dove Jay lavora.

Una parte “centrale”, in primo piano i pedinamenti di Jay nei confronti di Claire.
Poi l’azione si ribalta ed è Claire a pedinare Jay.

Una terza parte, in cui si apre invece a un rapporto sì aleatorio tra lui e lei ma anche di tentativo di capirsi.
Diviene così una parte più statica, più dialogata e quindi più difficoltosa rispetto ai due protagonisti.

Nell’ultima scena di sesso tra Jay e Claire Patrice Chereau decide di mostrare i due in varie angolazioni.
Soffermandosi poi a riprendere l’amplesso con Jay di spalle e Claire di fronte – rispetto alla macchina da presa – e abbracciati.
Come per comunicare che l’uomo volta le spalle, in un certo modo ha accettato quella vita sterile.
Mentre Claire che si mostra a guardare nella direzione della telecamera osserva ancora – magari con sempre più dolore – cosa può restare di sé stessa alla luce
di non allacciare una vicinanza d’amore.

Claire soffre anche in quanto attrice di “teatro da due soldi”, sentendosi priva di talento e di pazienza artistica.
La sua recita tuttavia non ha forza sufficiente per distinguere rappresentazioni e realtà.
Jay e Claire recitano la parte del “non essere toccati dalle responsabilità” e con più recitano in tal modo con più forza vengono attratti l’uno dall’altra.

 

Intimacy è un film intenso, molto ben recitato, ambientato in una Londra sempre grigia di nuvole di pioggia basse.
Gli interni sono i pub inglesi fumosi – con porticine nascoste e un solo tavolo da biliardo –  costruiti nell’angolo di un palazzo, dove per caso si incrociano due vie.
Girato con luci soffuse e taglio realistio.

Con Intimacy, Patrice Chéreau vince l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2001.

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