brevi recensioni - cinema

The Tribe (2014), di Myroslav Slaboshpytskiy

Ucraina

Procede la vita in un istituto per sordomuti.
Sergey è l’ultimo arrivato e subito deve toccare con mano le azioni criminali dei ragazzi, organizzati in una “banda” che commette l’abuso di due ragazze che sono gettate nella prostituzione, risse, scippi a danni di innocenti con la spesa del minimarket, abuso fisico e psicologico verso gli ospiti dell’istituto con malattie più gravi.
In questo disfacimento, Sergey viene “iniziato” dalla “Tribù”.
Ma gli esiti e le conseguenze sono devastanti.

The tribe inizia che ha già sorpassato tutti i limiti del sopportabile e si colloca in un angolo della storia del cinema in quanto una prova estrema d’arte, una prova d’arte estrema.
Non c’è niente da scherzare.
The tribe nasce e resta un film unico.
Esperienza cinematografica sconvolgente in modo totale.
Il film, per scelta del regista – qui alla sua opera prima – non ha sottotitoli ed è girato tutto nella lingua dei segni ucraina.
Nessuno parla, nessuno sente parlare.
Solo il muoversi del paesaggio e dei suoi rumori, il gemere per il dolore intollerabile della scena scioccante dell’aborto.
Il resto è solo composto da gesti.

Telecamera fissa e lunghi piani sequenza, telecamera che segue i giovani attori, telecamera posta abbastanza distante da loro per sottoscrivere l’anonimato, fisico ed emotivo, della loro vita.
Ottima prova di uso della fotografia e del piano sequenza.
“Per il momento”, nessun esercizio di stile, tanto è l’estremo sconcertante.
Non c’è nessuna lezione psicologica dietro le azioni dei ragazzi dell’istituto.
Si è di fronte alla loro malattia della sordità e del mutismo la quale è già stata dichiarata in un tempo in cui lo spettatore non poteva esserci, un tempo in cui lo spettatore non ha avuto accesso al suo contenuto, non ha potuto averlo.
I destini dei giovani ragazzi sono già scritti sulla pietra dell’esistenza, in un programma di vita devastata.
The tribe può essere un documento-testamento di antropologia deviata verso i vertici dell’abuso dei corpi e lo scempio della vita.
Il vuoto sordomuto dell’esistenza, la morte giovane che ha il suono di ossa spaccate.

Assolutamente estremo come pochissime altre pellicole – degne di nota – per aver varcato, alla velocità della luce, il limite sopportabile per mostrare cosa il mondo ha ancora da offrire di mostruoso.

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